venerdì 11 gennaio 2013

04. L’essere dotato di tre occhi: Triambaka o Trilochana

(dal testo “Facets of Brahman, or the Hindu Gods” by Swami Chidbhavananda)

Shiva ha tre occhi, essendo il terzo localizzato sulla fronte, proprio tra le sopraciglia. Questo concetto, di nuovo, è allegorico. Dio è onniscente. Con gli ordinari due occhi egli percepisce l’universo fenomenico. Nulla esiste al di là della Sua conoscenza. È impossibile ogni tentativo, da parte degli esseri, di nascondere cose e azioni al Fattore. Il terzo occhio non è né fisico né visibile. È spirituale e intuitivo. Suggerisce la conoscenza trascendentale. Dio è il depositario di tutta la conoscenza, secolare e sacra, del fenomeno e del noumeno.

L’occhio intuitivo è caratteristico della divinità, ma ciò non significa che l’uomo non abbia accesso ad esso. Essendo disceso dalla Divinità, l’uomo ha le possibilità di sviluppare l’occhio divino. Non vi incespica sopra. Né è un capriccio della Natura. Come la conoscenza ordinaria può essere acquisita attraverso la disciplina, come l’intelletto può essere reso acuto per mezzo della disciplina, così l’occhio intuitivo può evolvere attraverso la sublimazione dei sensi e dell’intelletto. Più gli organi di conoscenza sono santificati, più l’uomo emerge nella divinità.

Quando i sensi sono preservati dalla sensualità essi si trasformano in strumento del divino. I diversi punti di vista della conoscenza convergono nell’intuizione. La verità viene autospiegata nell’intuizione, e questo è il punto più alto a cui l’uomo può assurgere.

Il Grande Dio Shiva pone in azione l’occhio intuitivo quando sorge la necessità. Questo atto è descritto nella mitologia nei minimi particolari:

Tre demoni possedevano tre roccaforti fatte d’oro, argento e ferro. Essi fecero una alleanza tra despoti, avevano intenzione di tenere tutte le creature sotto il loro controllo. Il loro progetto era di disconoscere e trascurare la sovranità del Signore Shiva.

Gli ardenti devoti di Shiva Lo supplicarono perché li salvasse dalla schiavitù dei dèmoni. Diventò inderogabile per Shiva dichiarare guerra e porre l’assedio alle tre fortezze, per questo scopo furono fatti grandi preparativi e tutte le forze di guerra furono predisposte.

Da ultimo partì il Signore per l’irruzione. Nella sua mano aveva una freccia pronta per essere scagliata, ma non era veramente determinato a quell’estremo comportamento. Fu sufficiente uno sguardo sorridente dall’occhio intuitivo del signore per sbaragliare gli usurpatori e tutti e tre i castelli svanirono nel nulla.

La verità spirituale nascosta in questa elaborazione mitologica richiede di essere spiegata: Satva, Rajas e Tamas (rispettivamente inerzia, desiderio e ignoranza) sono le tre Guna (= qualità, dette anche Triguna) costituenti che colorano, modificano o annebbiano la visione della Verità. Il Noumeno appare come il fenomeno per la presenza delle tre Guna, per questa ragione sono classificate come dèmoni che usurpano il posto della Realtà più elevata. Finché si è nel regno delle tre Guna, è possibile solo l’esperienza dell’universo fenomenico.

La méta dell’aspirante è sottomettere e trascendere queste tre Guna. La preparazione a cui Sadhaka (l’aspirante) deve sottostare per raggiungere questo scopo è grande e prolungata. Sublimare i sensi, arrendersi e dipendere dal Signore è l’ultimo atto della pratica spirituale. Quando ciò sia compiuto, il risveglio spirituale o il conseguimento dell’occhio intuitivo diviene possibile. Le tre Guna svaniscono come nebbia al sole nascente. Il sé individuale raggiunge la liberazione dalle maglie di Guna. È questa illuminazione che viene simboleggiata nel linguaggio mitologico della “conflagrazione della tripla fortezza”, i tre castelli che svanirono nel nulla.

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