venerdì 11 gennaio 2013

06. Gangadhara

(dal testo “Facets of Brahman, or the Hindu Gods” by Swami Chidbhavananda)

La realtà è sempre perfetta e completa in sè stessa. La lettura e l’interpretazione di questo, se così si può dire, varia secondo la nostra capacità di farla. Essa si rivela come Natura a coloro che la contattano con il mezzo dei sensi e dell’intelletto. A coloro che lo intuiscono attraverso l’intelletto purificato, lo stesso Essere si presenta come la Realtà Trascendente. La parola Gangadhara connota sia la Realtà immanente che quella trascendente. Nel linguaggio mitologico si riferisce al Signore Shiva che sostiene e guida il flusso del fiume Gange. Si dice che questo sacro fiume abbia il suo corso nei tre regni: etrico, materiale e inferiore.

Nel nostro piano fisico l’Himalaya rappresenta il Signore Shiva, essendo il parallelismo tra i due esseri identico in gran parte. La discesa dell’energia divina è coordinata e diretta per il bene del mondo dal Grande Dio Shiva. I rovesci torrenziali di pioggia e le bufere di neve sono bloccate dall’Himalaya, esse sono quindi trasformate nelle perenni sorgenti del Gange che emerge nelle terre basse, nelle pianure, nella sua missione santificante e produttrice di nutrimento.

I fenomeni fisici sull’Himalaya e la mitica presentazione del Signore Shiva fanno entrambe riferimento all’esperienza mistica dello Yogi. Nella corona della sua testa rimane un deposito di ambrosia in forma latente. Attraverso la disciplina e l’autocontrollo questa ambrosia diventa manifesta. Quando questo nettare discende dalla testa nel cuore, si sperimenta una sovrrabbondante beatitudine. La vita dello Yogi nel corpo fisico raggiunge il suo culmine nell’esperienza di tale beatitudine. È Shiva, è il Signore degli Yogi. Il suo sostenere il Gange sul Suo capo simboleggia l’ambrosia dello Yogi. Ciò che il Gange rivela attraverso i sensi, l’esperienza mistica lo rivela attraverso i supersensi.

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